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Termine che deriva dal nome del matematico persiano Al Khwarazmi, autore, attorno all'825 d. C., di un importante testo matematico.
Dalla forma latina del suo nome, Algorismus, deriva la parola moderna algoritmo.
Questo termine viene usato per indicare un qualsiasi metodo di calcolo (algebrico o numerico), come pure una sequenza di operazioni, da eseguire nell'ordine assegnato.
Esempi di algoritmi erano noti diverso tempo prima di Al Khwarazmi; uno dei più noti, che risale all'antica Grecia (circa 300 a. C.),
è quello dell'algoritmo euclideo, detto delle divisioni successive, utilizzato per trovare il minimo comune multiplo di due numeri assegnati.
Nel campo dell'informatica un algoritmo consiste in un procedura logica ben definita, composta di passi elementari, capace di condurre alla soluzione di un determinato problema.
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ALGORITMI GENETICI
Algoritmi che, sulla base di criteri ben definiti, portano alla selezione di algoritmi che danno i risultati migliori e alla ricombinazione casuale di alcune loro porzioni.
In genere si inizia con una certa popolazione di automi che presentano lievi differenze tra loro e si fanno agire in un ambiente per un certo numero di cicli. Successivamente, agli automi che hanno mostrato comportamenti più efficienti viene offerta la possibilità di riprodursi.
Ad esempio, si prende il 20% della popolazione che si è comportata in modo migliore e da essa, atttraverso mutazioni casuali e ricombinazioni, si ottiene il restante 80% di automi;
con questa nuova popolazione si procede a un'altra sessione di cicli, al termine dei quali si ripete lo stesso procedimento.
All'interno di questo schema generale, si possono avere realizzazioni effettive anche molto diverse tra loro: dall'utilizzo di linguaggi differenti per la programmazione, alla diversità di valori di connessione delle reti neurali.
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BIBLIOGRAFIA
Piero Rondanini, Esempi applicativi di algoritmi genetici, CUSL, Milano, 2003
Melany Mitchell, Introduzione agli algoritmi generici, Apogeo, Milano, 1998
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