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MARVIN MINSKY
Brani antologici


La "società della mente"
Il cervello umano è una vasta società organizzata, composta da molte parti diverse. Dentro il cranio dell'uomo sono stipati centinaia di tipi diversi di motori e organizzazioni, meravigliosi sistemi evolutisi e accumulatisi nel corso di centinaia di milioni di anni. Alcuni di questi sistemi, ad esempio le parti del cervello che ci fanno respirare, funzionano in modo pressoché indipendente. Ma nella maggioranza dei casi queste parti di mente devono convivere con le altre, in un rapporto che è a volte di collaborazione, ma più spesso di conflitto. Ne cosegue che le nostre decisioni e azioni non hanno quasi mai spiegazioni semplici e univoche, ma sono in genere il risultato delle attività di grandi società di processi in continuo rapporto di sfida, di contrasto o di sfruttamento reciproco. Le grandi possibilità dell'intelligenza derivano da questa enorme diversità, e non da pochi principi semplici.
[da Marvin Minsky, La società della mente, Adelphi, Milano, 1989, pag. 20]


Conoscenza del senso comune
Il buon senso non è una cosa semplice; al contrario, è un'immensa società di idee pratiche acquisite faticosamente, di un'infinità di regole ed eccezioni, disposizioni e tendenze, equilibri e freni appresi nel corso della vita.
Se il buon senso è così vario e complesso, che cosa lo fa apparire così ovvio e naturale? Abbiamo l'illusione che sia semplice perché abbiamo perso i contatti con quanto ci è accaduto durante l'infanzia, quando abbiamo sviluppato le prime abilità. Via via che un nuovo gruppo di abilità viene a maturazione, ci costruiamo sopra altri strati. Col passare del tempo gli strati inferiori divengono sempre più remoti, tanto che, quando da adulti cerchiamo di parlarne, tutto ciò che riusciamo a dire è: "non lo so".
[da Marvin Minsky, Op. cit., pag. 33]


Coscienza
Molti sembrano certissimi che nessun calcolatore potrà mai essere senziente, cosciente, dotato di volontà propria, o in qualche altro modo "consapevole" di se stesso. Ma che cosa ci rende tutti così sicuri di possedere poi questa meravigliosa qualità? E' vero che se c'è qualcosa di cui siamo sicuri, è proprio questo: "Io sono consapevole, dunque sono consapevole". Ma cosa significano in realtà queste convinzioni? Se l'autoconsapevolezza significa sapere che cosa accade nella propria mente, nessun realista potrebbe sostenere a lungo che le persone abbiano molta intuizione, nel senso etimologico di "vedere dentro". In effetti, le prove che noi siamo autoconsapevoli, cioè che possediamo qualche attitudine particolare a scoprire ciò che accade dentro di noi, sono davvero molto deboli
[da Minsky, Op. cit., pagg. 114-5]

[Coscienza è un termine] usato soprattutto per indicare il mito secondo cui la mente umana sarebbe "autoconsapevole", nel senso che percepirebbe quanto accade al proprio interno. Io invece sostengo che la coscienza umana non può mai rappresentare ciò che accade nel momento attuale, ma soltanto una piccola parte del recente passato, un po' perché ogni agenzia ha solo una capacità limitata di rappresentare ciò che è accaduto di recente, e un po' perché per poter comunicare tra loro le agenzie hanno bisogno di tempo.
[da Minsky, Op. cit., pag. 649]

Nella mente di ogni persona normale sembrano esservi certi processi che chiamiamo coscienza. Di solito riteniamo che essi ci consentano di sapere che cosa accade nella nostra mente. Ma questa reputazione di autoconsapevolezza non è molto ben meritata, perché i nostri pensieri coscienti ci rivelano pochissimo di ciò che li genera.
[da Minsky, Op. cit., pag. 100]

Normalmente riteniamo che coscienza sia sapere che cosa accade nella nostra mente proprio nell'istante attuale.
[da Minsky, Op. cit., pag. 290]


Libero arbitrio
E' errata l'opinione corrente che concepisce il Sé come un lusso magico pieno di autocompiacimento che consente alla nostra mente di spezzare i vincoli della causalità e delle leggi naturali. Al contrario, questo Sé è una necessità pratica. I miti secondo cui il Sé incarnerebbe una libertà di tipo particolare non sono che delle mascherate: la loro funzione è in parte quella di nasconderci la natura dei nostri autoideali, cioè le catene che forgiamo per impedirci di distruggere tutti i piani che facciamo.
[da Minsky, Op. cit., pag. 73]

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