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VITA
Rudolph Carnap (Ronsdorf, Germania, 1891 - Santa Monica, California, 1970), frequentò le scuole superiori al Ginnasio di Barmen.
Negli anni immediatamente precedenti alla Prima Guerra Mondiale studiò filosofia, matematica e fisica presso le
università di Jena e Friburgo.
Nel 1923 incontrò Hans Reichenbach a una conferenza ad Erlangen, il quale lo presentò a Moritz Schlick, fondatore del Circolo di Vienna.
Quando, nel 1926, gli fu offerta la cattedra di scienza induttiva presso l'Università di Vienna, Carnap si trasferì nella capitale austriaca.
Nel 1930 fondò insieme a Reichenbach la rivista di filosofia "Erkenntnis" ("Conoscenza"), che svolgerà una parte importante nella diffusione delle idee del Circolo.
Nel 1935, consolidandosi sempre più il potere di Hitler, Carnap si trasferì negli Stati Uniti, seguendo l'esempio di tanti altri intellettuali e scienziati europei.
Insegnò presso l'Università di Chicago (1936-1952), presso l'Institute for Advanced Study di Princeton (1925-1954) e presso l'Università della California (Los Angeles).
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PENSIERO
Carnap attraversò tre diverse fasi di pensiero che sono espresse nelle sue tre opere fondamentali: La costruzione logica del mondo, Sintassi logica del linguaggio, Introduzione alla semantica.
Nella prima fase egli sviluppa il tema della scienza come «costruzione logica del mondo». La scienza è unica, dice Carnap, e può essere solo «una», anche se vi sono campi diversi d'indagine con diversi «oggetti». Essa è fatta di elementi primari o enunciati o proposizioni elementari che rappresentano gli «elementi originari» del mondo.
Tali proposizioni esprimono un contenuto, che è l'«esperienza vissuta elementare», e una forma, che è la relazione fondamentale tra le esperienze vissute (come quella del ricordo di somiglianza). La filosofia perciò deve configurarsi come analisi del linguaggio scientifico, cioè deve ricondurre logicamente le «proposizioni scientifiche» a «proposizioni verificabili» attraverso le esperienze vissute elementari e le loro relazioni.
Tutte le proposizioni metafisiche dunque vanno rigettate in quanto inverificabili. Definizioni come quelle di sostanza o di causa non consentono una «costruzione» scientifica del mondo fisico. Definizioni come quella di anima non «costruiscono» il mondo psichico. Ai termini della metafisica non corrisponde un significato (che significa «essere» o «nulla»?).
Le relazioni tra termini nei discorsi metafisici non rispettano le norme della «sintassi logica del linguaggio», come mostra il discorso «metafisico» heideggeriano (cfr. Heidegger). La metafisica è come l'arte, cioè mostra un modo non scientifico di relazionarsi alle cose. Essa è fatta di «pseudo-proposizioni» articolate in ragionamenti scorretti.
«I metafisici sono in fondo musicisti senza talento musicale». Tali sono gl'idealisti tedeschi, e tale è anche Bergson. Parlano delle essenze delle cose «trascendendo», saltando oltre l'esperienza, e in disprezzo del procedimento induttivo.
Ma come si costruisce l'immagine logica del mondo? Su questo tema si sviluppa la seconda fase del pensiero di Carnap. Punto di partenza è il «dato» d'esperienza. Tale dato, per essere utilizzato scientificamente, dev'essere tradotto in «proposizione protocollare», cioè in formulazione linguistica descrittiva del contenuto di esperienza immediata e delle relazioni fondamentali.
Tali proposizioni protocollari poi vengono disposte nel «linguaggio sistematico» della scienza, che si esprime in proposizioni generali, o leggi di natura. Sono le proposizioni protocollari, poi, che permettono la «verifica» della scienza; la quale, come «linguaggio sistematico» è solo un'«ipotesi».
In tal senso Carnap dichiara che non si può uscire dal solipsismo metodico, perché le proposizioni protocollari enunciano esperienze strettamente personali, anche se il valore di tali proposizioni è «comunicativo» e anche se l'aspirazione è che esse siano assunte come valide universalmente. È a livello intersoggettivo però che ha valore la proposizione protocollare: se due persone hanno diverse opinioni sulla lunghezza di un segmento, allora si cercherà di realizzare un esperimento tale da unificare le diverse proposizioni protocollari.
Sebbene allora le proposizioni protocollari siano fondate sui dati d'esperienza, non dall'esperienza deriva l'immagine logica del mondo, ma solo dalla correttezza logica del linguaggio scientifico. Tale correttezza è provata dall'analisi del linguaggio scientifico per via formale, cioè attraverso l'analisi dei termini, delle proposizioni adottate e delle relazioni tra proposizioni.
Il linguaggio scientifico è un «contesto» di relazioni secondo una «sintassi logica», cioè secondo leggi precise della formazione delle proposizioni e della loro trasformazione, cioè della derivazione di una proposizione dall'altra (in ciò ha ragione Neurath: non si può andare oltre il linguaggio). La sua validità è data solo dal «calcolo» corretto delle possibilità di combinazione dei termini negli enunciati, e degli enunciati nei ragionamenti, indipendentemente dal contenuto.
«Le questioni della logica della scienza sono formali, vale a dire sintattiche»; «la situazione reale viene alla luce quando si procede alla traduzione delle proposizioni del modo materiale di parlare nelle proposizioni sintattiche corrispondenti, e quindi nel modo formale». Io posso ben dire «tre è un numero», ma questo è un modo materiale di parlare; «esso dev'essere tradotto in "tre è un termine numerico"», che è il modo formale di esprimersi.
Io posso ben dire «la lezione di ieri trattò di Babilonia», ma la traduzione formale dell'espressione è «nella lezione di ieri fu impiegata la parola Babilonia». Io posso ben dire «la parola stella del giorno designa il sole», ma la sua traduzione formale è: la parola stella del giorno è sinonimo di sole». Il modo formale di parlare perciò è un «metalinguaggio» rispetto al modo materiale.
Dunque, il valore di un linguaggio è dato dalla correttezza interna di carattere formale. Di qui deriva anche che ognuno può adottare un qualsivoglia linguaggio. «Il nostro atteggiamento, dice Carnap, si esprime attraverso la formulazione del principio di tolleranza; non è nostro compito stabilire delle proibizioni, ma soltanto giungere a delle convenzioni».
E aggiunge: «In logica non vi sono morali; ognuno è libero di costruire la propria logica, cioè la propria forma di linguaggio nel modo che vuole»; «tutto quello che si esige da lui, se egli intende dar ragione del proprio metodo, è che lo stabilisca chiaramente e suggerisca regole sintattiche invece di argomenti filosofici»
Qual è allora il ruolo della filosofia?
Secondo i filosofi le questioni filosofiche riguarderebbero i medesimi oggetti investigati dalle singole scienze, per quanto da un punto di vista del tutto differente, cioè dal punto di vista puramente filosofico. In opposizione a ciò, sosteniamo che tutti questi ultimi problemi filosofici sono problemi logici. Anche le questioni oggettive fittizie sono questioni logiche inadeguatamente formulate.
Il presunto punto di vista specificamente filosofico dal quale dovrebbero venire investigati gli oggetti della scienza si rivela illusorio, come, in precedenza, si era dissolta, una volta sottoposta ad analisi, la presunta sfera di oggetti specificamente filosofica propria della metafisica. Prescindendo dai problemi delle singole scienze gli unici genuini problemi scientifici sono quelli dell'analisi logica della scienza delle sue proposizioni, termini, concetti, teorie, e simili.
A questo complesso di problemi daremo il nome di logica della scienza.
In base a questa concezione, una volta che la filosofia è stata purificata da tutti gli elementi non scientifici, non rimane altro che la logica della scienza. Nella maggior parte delle ricerche filosofiche, però, una netta distinzione degli elementi scientifici e non scientifici è senza dubbio impossibile. Pertanto preferiamo affermare: la logica della scienza prende il posto di quell'inestricabile groviglio di problemi che è noto sotto il nome di filosofia.
[Sintassi logica del linguaggio]
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Nella terza fase del suo pensiero Carnap porta poi il suo discorso sul linguaggio dal piano formale della sintassi logica a quello dei «significati» delle proposizioni, cioè a quello di ciò che è designato da esse e dalle loro relazioni. Ciò era reso indispensabile dal fatto che ipoteticamente poteva darsi un linguaggio formale ma inconcludente.
Egli allora riprende il concetto di Frege di «nome-relazione», per il quale il significato di un termine è dato dal nesso tra il termine stesso e l'entità - concreta o astratta - di cui quel termine costituisce il nome. Carnap riconosce che questa teoria di Frege può dare origine ad antinomie; e allora introduce la «teoria dell'estensione e dell'intensione», su cui tuttavia non ci soffermeremo. Diremo soltanto che questa fase di pensiero fu influenzata dalle ricerche di Morris.
[Per gentile concessione de Le Filosofie Contemporanee] Università degli Studi "Federico II" di Napoli
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OPERE
-- La costruzione logica del mondo (1928)
In quest'opera Carnap vede la teoria della conoscenza come un'analisi del modo in cui gli oggetti della scienza
sono logicamente costruiti a partire da elementi originari che, in quanto tali, non possono essere considerati a loro volta costruzioni logiche.
Tali elementi sono, secondo Carnap, le esperienze vissute elementari.
-- Sintassi logica del linguaggio (1934)
-- Provabilità e significato (1936)
-- I fondamenti della logica e della matematica (1939)
-- Introduzione alla semantica (1942)
-- Significato e necessità (1947)
-- Fondamenti logici della probabilità (1950)
-- Introduzione alla logica simbolica e le sue applicazioni (1954)
-- Fondamenti filosofici della fisica (1966)
-- Tolleranza e logica. Autobiografia intellettuale, Il Saggiatore, Milnao, 1974
-- "Empirismo, semantica e ontologia" [1950], in L. Linsky (a cura di), Semantica e filosofia del linguaggio, Il Saggiatore, Milano, 1969, pagg. 261-284
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BIBLIOGRAFIA ITALIANA
A. Pasquinelli, Introduzione a Carnap, Laterza, Bari, 1972
P. A. Schilpp (a cura di), La filosofia di Carnap, Il Saggiatore, Milano, 1974
Con saggi di Popper, Quine, Hempel, Putnam, Nagel, Beth, Goodman, Pap, Kemeny, Grünbaum.
Michael Friedman, La filosofia al bivio. Carnap, Cassirer, Heidegger, Cortina Editore, Milano, 2004
Riccardo Martinelli, Misurare l'anima. Filosofia e psicofisica da Kant a Carnap, Quodlibet, 1999
Alberto Pasquinelli (a cura di), L'eredità di Rudolf Carnap: Epistemologia, filosofia della scienza, filosofia del linguaggio, CLUEB, Bologna, 1995
Pasquale Frascolla, Tre modelli di razionalità. Carnap, Popper e la probabilità induttiva, ETS, 1991
Maria Grazia Sandrini, Probabilità e induzione: Carnap e la conferma come concetto semantico, Franco Angeli, Milano, 1991
Alberto Melotti - Marco Mondadori, Analiticità, significanza, induzione, Il Mulino, Bologna, 1971
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Siti per approfondimenti
Carnap/Utm.edu
Vita e opere di Rudolph Carnap della Internet Enciclopedia of Philosophy.
Carnap/Canasocial
Vita e pensiero di Rudolf Carnap.
Carnap/IEP
Pagina de The Internet Encyclopedia of Philosophy dedicata a R. Carnap.
PopCar/Unifi
Articolo: Paolo Parrini, "Popper e Carnap su marxismo e socialismo. Alcuni testi inediti", in formato .pdf.
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